Il rapporto tra l’accesso agli atti previsto dall’art. 53 del codice e l’accesso civico nella giurisprudenza del TAR Emilia-Romagna

Giurisprudenza

02 settembre 2018|di Avv. Michele Leonardi

PREMESSA. Con l’introduzione a partire dal 2016 all’interno del nostro ordinamento del c.d. “accesso civico generalizzato” (art. 5 del D.Lgs. 33/2013, così come modificato dal D.Lgs. 97/2016) è stato consentito a chiunque di poter avere accesso in maniera quasi del tutto illimitata a tutti i dati, documenti e informazioni detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni. Il Decreto prevede tuttavia dei casi tassativi di esclusione all’accesso civico (art. 5-bis), ma tale disciplina deve anche essere messa in relazione ad altre norme presenti nel nostro ordinamento che disciplinano casi analoghi, quali l’art. 22 e seguenti della Legge 241/1990 e, soprattutto per quello che qui interessa, l’art. 53 del Codice dei Contratti Pubblici.

Qual è dunque il rapporto che intercorre tra l’accesso civico generalizzato e il più puntuale accesso agli atti relativo ad una procedura di appalto? La sentenza n. 197/2018 dello scorso 18 luglio della prima sezione del TAR Emilia Romagna (sezione distaccata di Parma) analizza proprio tale specifico profilo.

IL CASO. Il ricorrente aveva avanzato nei confronti dell’amministrazione una richiesta di accesso civico generalizzato con riferimento agli atti di una procedura di gara (con riferimento alla quale lo stesso concorrente aveva partecipato) relativa al servizio di manutenzione degli automezzi in dotazione alla stazione appaltante. L’amministrazione tuttavia respingeva l’istanza di accesso, peraltro con un provvedimento che – a detta del ricorrente – non sarebbe stato neppure corredato da idonea motivazione, non facendo riferimento ad alcuna delle ipotesi di esclusione o limitazione del diritto di accesso civico previste dall’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013.

LA SENTENZA. Il TAR nella sentenza qui in commento ha innanzitutto rilevato che la stazione appaltante aveva rigettato la richiesta in quanto la stessa “così come formulata, non si ritiene che rientri nel diritto di accesso civico ‘generalizzato’ ai documenti, dati e informazioni non soggetti ad obbligo di pubblicazione (ai sensi dell’art. 5, comma 2 e ss. del D.Lgs. n. 33/2013)”.

I giudici emiliani ricordano inoltre come l’accesso civico generalizzato, secondo il quale il ricorrente aveva inteso presentare la sua istanza, “non ha forme di limitazioni soggettive e che ha un oggetto molto esteso (potenzialmente illimitato), con un rovesciamento completo del tradizionale rapporto tra cittadino e amministrazione, in quanto tutta la documentazione detenuta dalla p.a. è adesso accessibile”, qualora non ricorrano le limitazioni tassative previsto dall’art. 5-bis del medesimo decreto.

La documentazione richiesta dal ricorrente, peraltro, fa riferimento in parte ai documenti di una gara di appalto già espletata (da cui il concorrente stesso era stato escluso) e in parte riguarda aspetti relativi all’esecuzione del contratto che da tale gara è scaturito: “I dati, gli atti e le informazioni richiesti possono pertanto essere totalmente ricompresi nel concetto più generale di ‘atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici’ di cui al comma 1, dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016”.

Si tratta quindi di un ambito particolare (e diverso rispetto a quello dell’art. 5 del D.Lgs. 33/2013) di accesso agli atti per il quale innanzitutto il codice stesso rimanda alla disciplina di cui all’art. 22 della Legge 241/1990 (comma 1 dell’art. 53). I giudici sono quindi chiari nell’affermare che “l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 riconduce espressamente la disciplina applicabile per tutti i documenti (di gara e di esecuzione del contratto) richiesti dal Consorzio ricorrente, fatte salve le eccezioni contenute nello stesso testo normativo di riferimento, alla disciplina ordinaria in materia di accesso

Il TAR ricorda inoltre l’art. 5-bis del D.Lgs. 33/2013 disciplina i casi di c.d. “esclusione assoluta” dall’accesso civico generalizzato, per i quali cioè “l’amministrazione che detiene i documenti richiesti non conserva alcuna possibilità di comparazione discrezionale degli interessi coinvolti”. Circostanza ben più importante nel caso di specie è che i giudici emiliani ritengano che anche l’accesso agli atti di cui all’art. 53 del codice debba essere considerato come un caso di esclusione all’accesso civico previsto dal comma 3 dell’art. 5-bis del D.Lgs. 33/2013.

Da un punto di vista letterale, il comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 è cristallino nello stabilire che il diritto di accesso civico generalizzato “è escluso” nei casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”. “… l’accesso agli atti delle procedure ad evidenza pubblica sia soggetto al rispetto di particolari condizioni e limiti. Invero, l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, richiamando in toto la normativa contenuta nel codice dei contratti pubblici previgente, detta espressamente una disciplina sull’accesso in parte derogatoria rispetto alle ordinarie regole”.

“… sotto un profilo più squisitamente interpretativo e giustificativo della ratio di esclusione degli atti delle procedure di affidamento ed esecuzione di contratti pubblici alle più ampie modalità di accesso previste dal d.lgs. n. 33 del 2013, occorre considerare che tali atti sono formati e depositati all’interno di una disciplina del tutto speciale e a sé stante … Si tratta di un complesso normativo chiuso, in quanto espressione di precise direttive europee volte alla massima tutela del principio di concorrenza e trasparenza negli affidamenti pubblici, che dunque attrae a sé anche la regolamentazione dell’accesso agli atti connessi alle specifiche procedure espletate”.

“… si tratta pur sempre di documentazione che, da un lato, subisce un forte e penetrante controllo pubblicistico da parte di soggetti istituzionalmente preposti alla specifica vigilanza di settore (ANAC), e, dall’altro, coinvolge interessi privati di natura economica e imprenditoriale di per sé sensibili (e quindi astrattamente riconducibili alla causa di esclusione di cui al comma 2, lett. c), dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013), specie quando tali interessi, dopo l’aggiudicazione, vanno a porsi su di un piano pari ordinato – assumendo la connotazione di veri e propri diritti soggettivi - rispetto a quelli della stazione committente”.

Alla luce di quanto sopra, secondo il Collegio “residua nell’attuale sistema dei contratti pubblici una norma – l’art. 53, comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016 – che restringe il campo di applicazione del diritto di accesso agli atti richiesti dal ricorrente alle norme sul diritto di accesso ordinario di cui alla L. n. 241/1990” e per tale ragione “non è dunque da ritenersi infondata né illegittimamente motivata la tesi esposta dall’amministrazione convenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui la richiesta non è stata ritenuta “rientrante nel diritto di accesso generalizzato”, qualora tale formula debba intendersi nel senso che sussiste, nel caso di specie, un caso di esclusione assoluta all’esercizio di tale diritto”.

Leggi il testo integrale della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma, sez. I, 18.07.2018, n. 197.