La rotazione degli inviti nelle procedure negoziate non è un principio inderogabile secondo il TAR Lombardia
Giurisprudenza
22 febbraio 2018|di Avv. Michele Leonardi
Si è già scritto e dibattuto molto sul principio (o meglio criterio) di rotazione negli affidamenti diretti sotto i 40.000 euro e negli inviti dei concorrenti nelle procedure negoziate ex art. 36, comma 2, del codice dei contratti pubblici. L’applicazione rigida di questo criterio ha già mietuto molte “vittime” tra gli operatori economici, alcuni dei quali si sono visti esclusi dalla partecipazione a gare di appalto avendo rivestito lo scomodo ruolo di precedente affidatario del contratto.
In tutta questa situazione non ha di certo giovato il contrasto già più volte ricordato tra posizioni opposte di chi, proprio in ragione del principio di rotazione, esclude categoricamente la possibilità di invitare nell’ambito delle procedure negoziate il gestore uscente e chi invece, a determinate condizioni oggetto di specifica motivazione, ritiene possibile ammettere alla competizione anche l’operatore economico che ha eseguito il precedente contratto.
In tema di applicazione del criterio di rotazione interverrà a breve anche l’aggiornamento delle Linee Guida n. 4 di ANAC sugli affidamenti sotto soglia comunitaria, sulle quali il Consiglio di Stato ha da poco espresso il proprio parere (il quale sarà oggetto di un prossimo intervento sul nostro sito), dedicando ampio spazio proprio al tema della rotazione.
Nel frattempo la giurisprudenza continua a cimentarsi nella risoluzione di questioni legate proprio all’utilizzo pratico del criterio della rotazione e, in tale contesto, riveste particolare interesse la sentenza n. 380/2018 emessa dalla IV sezione del TAR Lombardia-Milano. Il ricorso da cui ha avuto originale tale pronuncia riguardava l’aggiudicazione (poi oggetto di provvedimento di annullamento in autotutela) del sevizio di trasporti funebri per il Comune di Cantù.
La vicenda è alquanto particolare: la procedura di gara si concludeva con l’aggiudicazione del servizio al gestore uscente, con il quale l’amministrazione comunale sottoscrivere il contratto dando avvio anche al servizio stesso. Tuttavia, il Comune avviava successivamente una procedura in autotutela a conclusione della quale annullava d’ufficio tutti gli atti della procedura e dichiarava caducato il contratto; di lì a poco, bandiva quindi un’altra procedura negoziata per affidare nuovamente il servizio.
La società originariamente affidataria del servizio ha naturalmente impugnato il provvedimento dell’amministrazione, evidenziando l’insussistenza per presupposti previsti dalla legge per l’autotutela amministrativa.
Secondo l’amministrazione resistente, la procedura di gara annullata sarebbe stata affetta da tre vizi di illegittimità, due dei quali meritano di essere esaminati in questa sede.
Il primo riguarda la modifica “in corso d’opera” in fase di manifestazione di interesse di un requisito di partecipazione allo scopo di consentire una maggiore partecipazione alla procedura di gara: pur essendo stata pubblicata la determina di rettifica dell’avviso sul sito del Comune per un periodo di 15 giorni, non era stato contestualmente e conseguentemente prorogato il termine di ricezione delle manifestazioni di interesse da parte degli operatori economici interessati. Di qui, a detta dell’amministrazione, il primo vizio della procedura.
Tale tesi non viene tuttavia accolta dal TAR. I giudici infatti evidenziano come “il termine per la manifestazione di interesse a fronte di un avviso esplorativo, concretante una semplice indagine di mercato, non appare di per sé perentorio (in ogni caso non risulta una previsione di legge in tal senso), essendo il carattere della perentorietà riservato semmai al successivo termine per la presentazione delle offerte di gara”.
Di conseguenza, il mantenimento dell’originario termine di trasmissione delle manifestazioni assurgerebbe caso mai solo a mera irregolarità, potendo comunque gli eventuali candidati presentare validamente le proprie istanze entro il quindicesimo giorno di pubblicazione della determina di rettifica dell’avviso. Il periodo di pubblicazione garantito a quest’ultimo atto, infatti, ha comunque permesso di rispettare la previsione contenuta al paragrafo 4.1.4 delle Linee Guida n. 4 di ANAC, secondo il quale l’avviso di manifestazione di interesse deve avere una durata di pubblicazione “stabilita in ragione della rilevanza del contratto, per un periodo minimo identificabile in quindici giorni, salva la riduzione del suddetto termine per motivate ragioni di urgenza a non meno di cinque giorni”.
Il secondo motivo di illegittimità della procedura di gara individuato dall’amministrazione comunale riguarderebbe invece il famigerato criterio di rotazione, il quale nel caso di specie sarebbe stato violato poiché l’affidamento del nuovo servizio ha interessato il gestore uscente. Anche in questo caso però il Tribunale non ravvisa un vizio di illegittimità dell’azione amministrativa o, perlomeno, un vizio di gravità tale da giustificare un provvedimento di annullamento in autotutela.
I giudici meneghini ricordano infatti che “se è pur vero che l’art. 36, comma 2, lettera b), del codice, prevede il rispetto, fra gli altri criteri, di un criterio ‘di rotazione degli inviti’, parimenti non sussiste un divieto assoluto di invito del gestore uscente, non assurgendo il principio di rotazione a regola inderogabile”. A supporto di tale posizione, il Tribunale richiama due precedenti di altrettanti TAR.
Da una parte il TAR Toscana che, con la sentenza n. 816/2017, aveva stabilito che “il principio di rotazione è servente e strumentale a quello di concorrenza, sicché non può disporsi l’estromissione del gestore uscente allorché ciò finisca per ridurre la concorrenza” e, dall’atra, la sentenza n. 515/2017 del TAR Veneto, nella quale si afferma che “il principio di ‘rotazione’ degli operatori economici da invitare nelle procedure negoziate …, pur essendo funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie, non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti, sì che, a fronte di una normativa che pone sullo stesso piano i principi di concorrenza e di rotazione, la prevalente giurisprudenza si è ripetutamente espressa nel senso di privilegiare i valori della concorrenzialità e della massima partecipazione, per cui in linea di massima non sussistono ostacoli ad invitare anche il gestore uscente del servizio a prendere parte al nuovo confronto concorrenziale”.
D’altra parte, si sostiene, se si fosse voluto conferire al principio di rotazione natura inderogabile, imponendo quindi il divieto assoluto di invito del gestore uscente alla nuova procedura di gara, il legislatore avrebbe espresso chiaramente tale volontà.
Il TAR richiama poi il paragrafo 4.2.2 delle Linee Guida n. 4 di ANAC che trattano appunto il criterio di rotazione degli inviti, precisando innanzitutto che le stesse sono “un atto avente natura amministrativa e meramente interpretativa della superiore norma di legge, tanto è vero che la stessa ANAC ha deliberato nella seduta del 20.12.2017 una modifica a tale norma, attualmente in attesa di approvazione definitiva”.
Giova comunque in questa sede ricordare la posizione di ANAC sul punto (espressa nelle predette Linee Guida), riportando testualmente il contenuto del (nuovo) paragrafo 4.3.2, così come risultante a seguito dell’ultimo aggiornamento (di prossima pubblicazione):
“Il rispetto del principio di rotazione espressamente sancito dall’art. 36, comma 1, del Codice dei contratti pubblici fa sì che l’affidamento al contraente uscente abbia carattere eccezionale e richiede un onere motivazionale più stringente. La stazione appaltante motiva tale scelta in considerazione o della riscontrata effettiva assenza di alternative ovvero del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e in ragione della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento, anche tenendo conto della qualità della prestazione”
Accogliendo il ricorso, il TAR Lombardia ha quindi annullato integralmente il provvedimento di autotutela, imponendo all’amministrazione di ripristinare la situazione giuridica anteriore all’annullamento e conferendo nuovamente efficacia al contratto di appalto di cui era stata dichiarata la caducazione.
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il testo integrale della sentenza del TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 09.02.2018, n. 380.