La falsa dichiarazione della consorziata comporta l'esclusione dalla gara del consorzio stabile
Giurisprudenza
06 marzo 2017|di Avv. Michele Leonardi
La falsa dichiarazione circa il possesso di uno dei requisiti di cui all’art. 38 del D.Lgs 163/2006 resa da una consorziata indicata come esecutrice da parte di un consorzio stabile, che sia qualificato per l’esecuzione del servizio in proprio o per il tramite di altre consorziate, porta legittimamente all’esclusione dalla gara del consorzio stabile?
Sul punto la Seconda Sezione del TAR Lazio e il Quinta Sezione del Consiglio di Stato divergono. Ma procediamo con ordine.
Con sentenza n. 9036 del 3 agosto 2016 il TAR Lazio ha accolto il ricorso proposto da un consorzio stabile contro l’esclusione disposta dalla stazione appaltante per violazione dell’art. 38 comma 1 lett. g) del D.Lgs. 163/2006; in esito ai controlli effettuati, infatti, era emerso che una delle consorziate indicate come esecutrici, pur avendo reso la dichiarazione di possesso di tutti i requisiti ex art. 38 del “vecchio” codice, era incorsa in una violazione grave, definitivamente accertata, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse.
In disparte l’accertamento circa la reale sussistenza dell’irregolarità fiscale (confermata peraltro dallo stesso TAR, il quale ha rigettato il relativo motivo di ricorso proposto dal consorzio stabile), l’aspetto di particolare interesse è quello relativo alle conseguenze giuridiche derivanti da tale accertata circostanza.
Ebbene, sul punto il Giudice di prime cure ha ritenuto, accedendo in tal senso all’interpretazione fornita dal ricorrente, che la pure accertata falsa dichiarazione della consorziata esecutrice in merito al possesso di uno dei requisiti di ordine morale previsti dal “vecchio” codice appalti non dovesse comportare, nel caso di specie, l’esclusione del consorzio stabile dalla procedura.
Il TAR ha infatti considerato che il possesso in proprio in capo al consorzio stabile di tutti i requisiti di natura tecnico/economica per l’esecuzione del servizio, in uno con l’indicazione quali esecutrici anche di altre consorziate, valesse a consentire l’estromissione della sola consorziata macchiatasi di falsa dichiarazione, senza che ciò potesse integrare una modificazione soggettiva del Consorzio così come presentatosi in fase di partecipazione alla procedura di gara.
Le argomentazioni poste dai giudici del tribunale capitolino a fondamento della propria decisione hanno tratto origine dall’analisi comparativa della normativa in tema, da un lato, di consorzi stabili e, dall’altro, di raggruppamenti temporanei di imprese e consorzi ordinari: se è vero che esiste una norma del previgente D Lgs. 163/2006 che vieta espressamente la modificazione soggettiva di RTI e consorzi ordinari (ovvero il comma 9 dell’art. 37), è altrettanto vero che nel medesimo codice non si rinviene analoga previsione per i consorzi stabili. Ciò che è previsto (art. 36 comma 5 del D.Lgs. 163/2006) è l’obbligo di indicazione in sede di gara delle consorziate esecutrici, che non avrebbe a parere dei giudici la finalità di impedire tout court qualsiasi modifica soggettiva del consorzio stabile. Esso risponderebbe ad altre esigenze, tra cui anche quella di obbligare il consorzio ad avvalersi in fase di esecuzione delle sole consorziate indicate in gara. Ciò al fine di assicurare alla stazione appaltante che le prestazioni in fase esecutiva saranno rese da soggetti la cui moralità e professionalità sia stata debitamente accertata durante la procedura, oltre che per garantire il rispetto del principio della par condicio con gli altri concorrenti.
Nel caso sottoposto al suo esame, il TAR ha ritenuto che il possesso del consorzio stabile dei requisiti per eseguire il servizio in proprio e per il tramite delle altre consorziate indicate come esecutrici, senza dare corso ad alcuna sostituzione della consorziata estromessa, consenta, in assenza di una norma positiva analoga a quella contenuta nell’art. 37 comma 9, l’ammissione del consorzio stesso alle successive fasi di gara, in ossequio al principio del favor partecipationis.
Di diverso avviso la Sezione V del Consiglio di Stato, che, con sentenza n. 849 pubblicata in data 23 febbraio 2017, ha accolto l’appello proposto dalla stazione appaltante contro la sentenza succitata del TAR Lazio.
Anche in secondo grado i giudici hanno accertato la sussistenza della falsa dichiarazione della consorziata esecutrice, facendone discendere, però, conseguenze diametralmente opposte rispetto a quelle a cui si era approdati con la pronuncia di primo grado, ovvero l’esclusione del consorzio stabile dalla gara.
I Giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che per le consorziate espressamente indicate in gara quali esecutrici delle prestazioni oggetto dell’appalto è prevista, a differenza delle altre consorziate, l’assunzione di responsabilità solidale con il consorzio nei confronti della stazione appaltante (art. 94, comma 1 del D.P.R. 207/2010).
Proprio in forza di tale regime di responsabilità le consorziate esecutrici sono tenute a dichiarare di essere in possesso anche dei requisiti di ordine morale e l’accertata falsa dichiarazione di una di esse – e il conseguente accertato mancato possesso del requisito – avrebbero l’effetto, secondo quanto si legge in sentenza, di far venir meno qualsiasi possibilità di sanare la causa di esclusione. Differentemente opinando, ha sostenuto il collegio giudicante, si dovrebbe ritenere che l’obbligo di indicare in sede di gara la consorziata esecutrice costituisca una “designazione con facoltà alternativa”, in un contesto normativo in cui non si rinviene alcun supporto positivo che possa avvalorare tale interpretazione. Pertanto, acconsentire alla mera estromissione della consorziata costituirebbe una violazione del principio di par condicio con gli altri concorrenti, sia perché darebbe luogo ad una modificazione soggettiva, sia perché avrebbe l’effetto di privare di rilevanza giuridica l’impegno assunto dal consorzio in sede di domanda di partecipazione.
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il testo integrale della sentenza n. 9036/2016 del TAR Lazio.
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il testo integrale della sentenza n. 849/2017 del Consiglio di Stato.