Il ricorso al soccorso istruttorio si “allarga” anche ad ipotesi di carenze che riguardano l’offerta economica

Giurisprudenza

18 settembre 2017|di Avv. Michele Leonardi

L’art. 83, comma 9, modificato anche dal Decreto Correttivo nella parte in cui lo ha reso del tutto gratuito, chiarisce in modo apparentemente inequivocabile quando possa essere correttamente attivato il ricorso al c.d. “soccorso istruttorio”, vale a dire quella procedura che permette alle imprese di sanare le carenze formali della documentazione amministrativa presentata in fase di gara senza essere immediatamente esclusi dalla gara stessa.

Norma chiara appunto nella sua applicazione e nel suo raggio di azione, visto che lo stesso comma precisa che il soccorso istruttorio non possa essere attivato quando le irregolarità riguardino elementi contenuti nell’offerta tecnica ovvero nell’offerta economica. Ciò nonostante, come avvenuto per molte altre disposizioni del Codice, la giurisprudenza si è spinta oltre il dettato letterale della norma, allargandone di fatto la portata.

Ci riferiamo, in particolare, alla sentenza n. 9536/2017 pubblicata in data 4 settembre 2017 dalla II sezione del TAR Lazio in conseguenza di un ricorso presentato nell’ambito di una procedura di gara avente ad oggetto l’affidamento mediante procedura negoziata di un servizio avente natura intellettuale.

L’operatore economico ricorrente ha in particolare lamentato l’illegittimità dell’esclusione comminata nei propri confronti dalla stazione appaltante, la quale aveva rilevato l’irregolarità del modello dell’offerta economica presentata in quanto alla stessa non era stata allegata copia del documento del legale rappresentante dell’impresa che aveva sottoscritto l’offerta stessa.

Trattandosi appunto di documento relativo all’offerta economica, la stazione appaltante aveva ritenuto di non attivare il soccorso istruttorio al fine di permettere all’imprese di integrare la carenza documentale riscontrata, bensì di procedere all’esclusione immediata dell’operatore economico, stante il dettato letterale del comma dell’art. 83 del D.Lgs. 50/2016.

Il collegio giudicante, tuttavia, ha accolto il ricorso dell’impresa ricorrente, non condividendo pertanto il modus operandi della stazione appaltante. Il TAR, nello specifico, ha ritenuto che “la mancata produzione di copia del documento di riconoscimento del legale rappresentante dell’Organismo non costituisce causa di esclusione, potendo ove del caso essere richiesta in sede di soccorso istruttorio, tanto più che la dichiarazione prodotta nella fattispecie non può ritenersi una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. 445 del 2000”.

La sentenza altro non aggiunge in proposito, non giustificando – quanto meno in modo diretto – il principio giuridico che, nel caso di specie, abbia potuto permettere ai giudici di far riferimento ad una norma del Codice che, per previsione espressa, non sarebbe applicabile al di fuori di documenti che riguardino la sola parte amministrativa dell’offerta.

È chiaro che – questa volta indirettamente – il giudice di prime cure abbia voluto in primo luogo tutelare il principio del favor partecipationis e non permettere ad un mero vizio formale (anche se la forma ha indubbiamente la sua importanza) di escludere dalla competizione di gara uno dei concorrenti (senza considerare, peraltro, che tale decisione ha avuto come conseguenza l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva nel frattempo disposta).

La quaestio iuris sottesa alla pronuncia del Tribunale capitolino, oltre a poggiarsi sul principio sopra richiamato, avrebbe potuto probabilmente fare a meno di “scomodare” il soccorso istruttorio, ampliandone in concreto la portata applicativa. Se, come è dato rilevare dal testo della sentenza, il modello di offerta economica non era formulato sotto forma di dichiarazione e quindi non richiedeva necessariamente per la sua validità l’allegazione del documento di identità del soggetto sottoscrittore, sarebbe stato probabilmente sufficiente richiamare il disposto di cui all’ultimo periodo del comma 8 sempre dell’art. 83.

Tale disposizione, seppure inserita in un contesto del tutto avulso dal suo contenuto (circostanza peraltro toccata in sorte anche ad altre norme all’interno del nuovo codice), prevede infatti che i bandi e le lettere di invito non possano introdurre prescrizioni a pena di esclusione diverse rispetto a quelle previste dal codice o da altre disposizioni normative e che tali clausole, se previste, siano nulle. Si tratta di una norma che non fa altro che riprendere il concetto già espresso dall’art. 46, co. 1-bis, del previgente codice in materia di tassatività delle cause di esclusione.

Nel caso esaminato del TAR la stazione appaltante aveva effettivamente disposto un’esclusione dalla procedura di gara in assenza di una specifica norma a monte che prevedesse tale possibilità, non ricorrendo in questa circostanza (per quanto naturalmente è dato sapere) una di quelle ipotesi di non sanabilità (e quindi di automatica esclusione) descritte nell’ultimo periodo del comma 9 dell’art. 83 (vale a dire carenze documentali che non consentano l’individuazione del contenuto dell’offerta ovvero del soggetto responsabile della stessa).

Leggi il testo integrale della sentenza del TAR Lazio, sez. II, 4 settembre 2017, n. 9536.